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Giancarlo

 

 

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TITOLO ORIGINALE: IN NOME DI GIANCARLO -l'assassinio Siani

soggetto originale di Maurizio Fiume

© 1987-2001 Maurizio Fiume

 

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  SINOSSI

E' la breve storia di Giancarlo Siani, un giovane giornalista napoletano.

Nel 1980 Giancarlo Siani, appena ventunenne, comincia a cercare lavoro presso alcuni giornali di Napoli. Dopo aver trovato molte porte chiuse, trova lavoro presso Il Lavoro nel sud, un piccolo periodico locale. Nel 1982 ottiene l'incarico di corrispondente da Torre Annunziata, una città a pochi chilometri da Napoli, per Il Mattino. All'inizio si occupa di cronaca bianca ma poi è costretto ad occuparsi di Camorra. L'esplosione della violenza a Torre Annunziata, che culmina nel 1984 nella strage di Sant'Alessandro, consente a Giancarlo di farsi notare in redazione centrale; così nel giugno 1985 lo chiamano perché lavori nella cronaca di Napoli. Intanto le sue inchieste su Torre Annunziata e la Camorra procurano fastidi a boss e padrini politici.

Il 23 settembre 1985 Giancarlo Siani viene ucciso sotto casa da due killer.

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In una cella di Poggioreale, quartiere napoletano, sospesa nel tempo, un camorrista al buio è in isolamento.Si muove in continuazione, facendo mille cose inutili, alla fine si siede, un raggio di luna taglia a metà la sua faccia. Ci osserva. Si cima Ferdinando Cataldo, è stato uno degli uomini di fiducia del capoclan Gionta.

Gionta inizia a parlare: “Ci fu una riunione da Valentino Gionta il capoclan dei Valentini di Torreannunziata.

Vennero Angelo Nuvoletta, il capo della Nuova Famiglia e “Maurizio” cioè Luigi Baccante, il suo vice, volevano eliminare Giancarlo Siani, dava troppo fastidio e stava diventando troppo importante. Valentino Gionta disse di non essere d’accordo. I rischi erano troppo alti. Lui non aveva problemi su Torre. I rapporti con il Sindaco, Domenico Bertone, erano molto buoni e il Sindaco stava lavorando bene con i palazzinari torresi per l’affare del “Quadrilatero delle Carceri”, antico quartiere di Torreannunziata che doveva essere riconvertito a mercato ittico.

Maurizio ribadì che bisognava agire.”

Maurizio:“Chill’sta per pubblicare il libro. E’ troppo rischioso: potrebbe saltare tutto.”

Sulla terrazza di un magistrato c’è una cena importante. I giudici del “caso Tortora” festeggiano la condanna del presentatore. Qualcuno ricorda i primi incontri proprio in quella casa dove era stato ideato il teorema accusatorio.

Tra gli invitati c’è anche Enzo, il giornalista che lavora con Giancarlo. Un funzionario dello Stato si avvicina. Enzo ha controllato la scrivania di Giancarlo, molti ritagli ma nessuna traccia del dossier. L’uomo è molto preoccupato, i suoi amici sono nervosi. Forse è il caso di chiamare Giancarlo a Napoli in modo da non farlo più occupare di Torre.

 E’ il luglio del 1985.Giancarlo è chiamato a Napoli a sostituire i colleghi in ferriere’ raggiante, finalmente si sono accorti di lui. Festeggia offrendo un dolce in redazione. Enzo lo avverte che il nuovo lavoro è molto impegnativo e che dovrà concentrarsi al massimo sulla cronaca di Napoli. Giancarlo è d’accordo cercherà lui qualcuno che continui ad occuparsi di Torre.

Da qualche giorno Giancarlo riceve strane telefonate di minaccia. Ieri, poi, ha notato un tizio sotto il portone di casa sua.

Da lontano qualcuno fotografa Giancarlo mentre rientra a casa.

Ferdinando Cataldo è sempre in cella, al buio, seduto.

Racconta:“ Le foto di Giancarlo sono sul tavolo di un nascondiglio di Nuvoletta. Sono di nuovo in riunione Gionta, Nuvoletta e Maurizio. Valentino Gionta si oppone ma Maurizio non sente ragioni. Alla fine Gionta dà il suo ok ma solo a condizione che l’eliminazione non avvenga in città”

Ferdinando Cataldo: “Io mi offrii di eseguire l’incarico ma Maurizio propose di affidarlo a ragazzi fuori del nostro giro.”

Giancarlo sta mettendo sotto sopra la sua scrivania. Cerca il fascicolo con tutti i ritagli del suo dossier.

In un bar Enzo consegna il fascicolo ad un funzionario dello Stato. Cerca di rassicurarlo, come vedi è tutto in bozza. Il funzionario dello Stato esamina poi decide di tenerlo: lo farà sparire.

In redazione telefona Chiara, una cara amica d’infanzia di Giancarlo, vorrebbe saper come va. Giancarlo le confida che da qualche giorno riceve strane minacce telefoniche. La rassicura: lì in reazione tutti ricevono simili telefonate.

Giancarlo è convinto che il fascicolo lo ha dimenticato a casa o alla redazione di Torre.

Chiama Amato Lamberti, direttore della rivista “L’Osservatorio sulla Camorra” e annulla l’appuntamento. Spiega che non ha tempo quel giorno.

Chiama anche Daniela, la sua fidanzata: dovevano andare al concerto di Vasco Rossi, ma devono rimandare all’indomani.

23 settembre 1985

Giancarlo alle ore 21.30 va via dal giornale.

Enzo parla con qualcuno. Assicura che Giancarlo è già andato via e che la questione del dossier è risolta.

Sotto casa di Giancarlo ci sono tre ragazzi. Sono in moto. Hanno le foto. Non sanno nulla di Giancarlo. Hanno solo un ordine da eseguire.

In un ristorante della penisola sorrentina, intorno ad una tavola imbandita, ci sono tutti i componenti del clan Gionta e Nuvoletta. Il banchetto deve ancora iniziare. Tutto è sospeso nella attesa di qualcosa. Arriva una telefonata. Il banchetto può iniziare.

In una terrazza di Napoli, magistrati, giornalisti, politici, imprenditori e funzionari delle forze dell’ordine discutono mangiando del futuro di Napoli.

Dalla terrazza si domina tutta la città da una parte all’altra del golfo.

Il primissimo piano del pentito Ferdinando Cataldo che continua a raccontare: “Si festeggiava la missione compiuta, ma anche il sodalizio rinsaldato tra la Camorra torrese e quella napoletana, legata alla mafia e a Cosa Nostra.”

Mentre pronuncia queste parole ci allontaniamo dal primissimo piano di Ferdinando Cataldo che diventa, in un enorme spazio buio, un puntino luminescente.

All’improvviso si accendono le luci: siamo nel 1997, nell’aula bunker di Poggioreale.

Ferdinando Cataldo è sulla sedia dei testimoni, davanti alla seconda sezione della Corte d’Assise di Napoli, dopo 12 anni si celebra il processo su Siani.

Nelle gabbie vediamo tutti i colpevoli: Nuvoletta e Baccante, gli istigatori, Ciro Cappuccio, Armando Del Core e Gaetano Iacalore, gli esecutori, Valentino Gionta, e i suoi uomini Gabriele Donnarumma e Alferdo Sperandeo.

Alla fine ci fermiamo sul Pubblico Ministero che conclude la requisitoria.

“ Perché non sia Siani ad andarsene nel buio del 23 settembre 1985, scenda il buio sul carcere a vita nei confronti di chi ha istigato ed eseguito il delitto.”

 

F I N E